14 ott 2005

Garibaldino

Un po’ di tempo fa vi ho raccontato una storia. Adesso non vorrei iniziare di nuovo con la tutta la pappardella del Dna, ma voglio raccontarvi un’altra vicenda. Le avventure della famiglia Pietroni. Adesso questo ho un motivo per raccontarvelo. I geni sono geni. Questo è il motivo e non aggiungo altro.
Questa volta torniamo indietro di parecchie generazioni. Vi parlo di Achille Pietroni. Figura mitica. “La testa calda.” Quello che non si mai bene cosa potesse o dovesse fare. Achille era il fratello del nonno di mio nonno. Adesso non so fare i calcoli, ma parecchie generazioni fa. Tre fratelli falegnami. Il più piccolo era Luigi, il padre di Gaetano (il padre di mio nonno). Il più grande, appunto Achille. Il quale un bel giorno decise di arruolarsi nei Garibaldini. Adesso lo so che tutti pensano nel 2005 che questo sia un gesto degno di una certa lode e di un certo livello. Eppure la questione non è così semplice. I garibaldini erano poveri, squattrinati e si arruolavano in un esercito più squattrinato di loro. Più in cerca di avventura che di fama, gloria e qualche soldo. Magari si riusciva a trovare anche qualche gentil donzella e magari non così gentili, ma piuttosto donzelle.
Uno di quei giorni lontani il buon Achille era a Civitavecchia. Parliamoci chiaro, a Civitavecchia non c’è niente da fare oggi, figuriamoci due secoli fa. Beh allora. Soldati Francesi e Garibaldini si ritrovarono, per caso, anche perché probabilmente era l’unica, nella stessa sala da ballo.
Francesi, l’esercito con i soldi, con le armi giuste. Le divise. Gli alamari. Tutto quello che un soldato deve avere. Un esercito di seria A. Invece il povero Achille era un garibaldino. Una camicia rossa. Un uomo in un mezzo straccio di esercito con una arma e un sogno, anche se molto personale.
Immaginatevi la scena. Questa sala da ballo piena di militari. Immaginatevi gli sfottò. Immaginatevi un uomo anche piuttosto grosso (un ex falegname) che ad un certo punto non ne può più. Il povero Achille non aveva studiato un gran che. Per cui decise di far tacere quei francesi di… Qua potete mettere la parola che preferite, perché la storia non ha lasciato ricordi. E lo fece a forza di cazzotti e nasi rotti. La storia finisce qua. Ma ci sono altre cosa da non tralasciare.
Ovviamente due secoli fa se l’avessero preso lo avrebbero buttato a marcire in galera per vent’anni. Ma nel sangue del mio trisavolo scorreva ancora la voglia di avventura e in una notte il brasile diventò la sua casa. Anche se dopo pochi mesi di lontananza la nostalgia di Roma si fece troppo forte per lui. Allora s’infilò in quello sciame di persone che da Civitavecchia vengono fatte tornare a Roma clandestinamente. Di notte. Quindici giorni dai genitori. Senza uscire di casa. Qualche volta notte tempo. Per poi tornare in Brasile.
Il povero Achille si ammalò in uno di questi lunghi viaggi verso la madre patria, non arrivò mai in Italia e l’oceano fu la sua tomba. Forse il povero Achille è il pezzetto di me che non riesce a fare a meno del mare.

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