9 ott 2005

Servi inutili

L’idea che sta alla base di tutto m’innervosisce. Anzi mi fa incazzare proprio. L’idea per cui sotto qualcosa o sotto qualcuno ci sia sempre ed inevitabilmente un senso certo. Ci sono significanti e significati. Il tuo corpo molle non è niente. È vuoto totale. È assenza di significato. (Anche se in realtà anche il vuoto non senso è senso. Il non messaggio è messaggio). Sei solo il putrido cibo che sfamerà gli inutili vermi della terra. Sei una piccola bottiglia vuota. Poi un giorno decidi di abbeverarti alla fonte della vita e riempi la tua bottiglia. Però non c’è solo una fonte. Ce ne so mille. Allora inizi a fare cocktail. Tequila Sunrise, Cuba Libre, Assenzio liscio, schottino, alcol puro, birra alla spina, un bicchiere di vino e ognuno è quello che gli pare. Quello che sceglie tra le disponibilità che ci sono. Come al supermercato oppure al discount. Oppure in enoteca. Oppure non so dove. Magari in cima ad una montagna a raccogliere acqua pura. Oppure in qualche valle ombrosa a spremere bacche rarissime per coglierne il prezioso nettare. Sei un vuoto totale che diventa qualcosa di unico e diverso. Come unica e diversa è ogni bottiglia. Tempo, temperatura, contenuto… Tutto è diverso.
Poi ad un certo punto arriva qualcuno e da una sorsata. “Buono questo chinotto.” “No, veramente io sarei del Nero D’Avola.” Arriva un altro. “Che schifo! Chinotto!” “No, veramente, io sono sempre Nero D’Avola.” Poi ti rendi conto di avere una bella etichetta sulla pancia. Poche lettere. Scritte anche piuttosto bene: “CHINOTTO”. Tu eri sceso nelle migliori vigne, lasciando che il sole scaldasse il tuo corpo e bruciasse i tuoi occhi. Hai scelto acino per acino il tuo contenuto. Per essere nero inchiostro, ma con delle venature rubino. Hai scelto, selezionato, bruciato, lottato per essere. Invece non sei. Perché hai una bella etichetta sul tuo pancione rigonfio che dice: “CHINOTTO!” E, per tutti, sei chinotto.
Sei un vuoto. Sei un molle ammasso di cellule. Non hai controllo neanche su quello che sei. Gli altri decidono e tu sei. Senza pietà alcuna. Perché, parliamo chiaro, la pietà non esiste. Esiste la pena. Ma non la pietà. Come la carità e la speranza, è una pia illusione. Altro che pilastri. Tutto gira intorno alla pena. Mi dispiace molto per te, eccoti quello di cui hai bisogno. Mi fai un po’ schifo, ma prendi questo così fai un po’ meno schifo.
Sei vuoto. Sei un pozzo profondo pieno di inutili cazzate. Ecco quello che sei ed è meglio che lo sai ora perché magari ti fai idee sbagliate. Magari pensi che quello che dici abbia un senso o almeno sia espressione di te stesso. Invece sbagli. Dai retta a me. Svuota il tuo cervello. Non avere idee, opinioni. Non pensare nulla. Non dire niente. Stattene nel tuo silenzio. Magari se hai una fervida fantasia inventa storie e falle vivere solitarie nella tua testa. Lascia che piano piano tutto si allontani. Che il mondo intorno a te crolli. Lasciati essere una bottiglia in uno scaffale vuoto. Quello che non si allontana, lo allontanerai.

McLuhan diceva: “L’accettazione docile e subliminale della loro influenza ha trasformato i media in prigioni senza muri per gli uomini che ne fanno uso”.
    

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