22 dic 2006

“Se il gatto è il nome. il cane è l’opposto, il contro è?” Se non è già sufficiente svegliarsi con il mal di testa post sbornia. Figuratevi se la donna con cui dividete il letto vi pone questa domanda. Normale che l’unico suono in grado di uscire dalla mia bocca è: “Eh?” E la sua risposta repentina: “Ma che sei scemo? La zecca, Massi, o la pulce, se vuoi ti dico una cosa seria da contro-cultura?” L’aria è ancora appestata di uno strano fumo. Sono nudo e guardo il mio lombrico morto tra le gambe e mi chiedo se non dovesse, almeno per educazioni, alzarsi in piedi davanti a una donna.
“Una cosa da controcultura è il sostegno delle tradizioni popolari regionali folkloristiche a scapito dei grandi spettacoli di massa su modelli americani e reality show.” Mi dice guardandomi dritto negli occhi. E io continuo a pensare al mio pisello. Lo sguardo interdetto. Il problema per me non sono gli americani, ma quale sostanza impedisca al mio pisello di dimostrarsi educato. “Perché a me la controcultura mi sa di frasi da tossici?” Le chiedo, quasi dispiaciuto, sapendo che questo allontanerà ancora di più il momento del mio amplesso.
“Controcultura? Pensa alla cultura: vacanza, televisione, successo, bellezza, laurea, …”
“Ci sto pensando!”
“Per cultura intendiamo chiaramente quella di massa non istruzione e intelligenza, ho fame!”
Mi lascia così nudo come un verme su un letto in una casa che, ovviamente, ignoro di chi sia. Ma me ne sto là. In silenzio. Anzi. Urlo. “Sei andata a mangiare?” Continuo a guardarmi il pisello. Neanche davanti a un sedere che mi sculetta davanti reagisce. “Che dobbiamo fare?” Gli chiedo. “Che vogliamo fare?” Mi risponde. Per un attimo scuota la testa. Il mio pene mi risponde e mi risponde con la voce di donna? Riscuoto la testa. Francesca mi guarda appoggiata allo stipite della porta.
“Non parlavo con te.”
“No. Certo. Parlavi con il tuo pisello. Beviti una birra.”
Ancora alcol. E se fosse lei la sostanza colpevole, quantomeno indiziata?
“Che mangi?” Le chiedo invidioso. Ho fame, non voglio una birra. “82 calorie di barretta grancereali al cioccolato” Dice e aggiunge: “Controcultura sarebbe una carbonara alle 5 del pomeriggio.”
“Ma sono le cinque del pomeriggio?” La faccenda inizia a farsi intrigata. Il buco di memoria si aggira intorno alle 24 ore. “Porca troia, altro che contro cultura, mi sono fottuto il cervello!”
“Ne mangio mezza e 5 susine”
“L’altra mezza dammela a me!”
“A no cazzo le susine no... se vado avanti cosi' tra gli antibiotici e le susine mi fanno fare la pubblicità nuova dell'enterogermina…”
“Gli antibiotici?”
Anche lei avrà un buco di memoria quanto meno pari al mio. Guardo ancora il mio pisello. Ho scopato in queste ventiquattro ore. Lo capisco dalla sua tonalità di viola. La guardo. Lei non è rossa. O almeno non lo è dove dovrebbe. “Non l’abbiamo fatto?” Mi tira la mezza barretta. La mangio e la guardo. Mi porge una susina. Scuoto la testa. “Che vuoi un pompino?” Mi chiede all’improvviso. Scuoto la testa. “Controcultura?”
“Io non capisco perchè uno e in quest'uno ci metto tutti, o forse solo io, siamo sempre in attesa di qualcosa e non riusciamo a viverci il presente. Tipo io penso sempre alla Sardegna, invece sono qui in vacanza me la sguazzo e non capisco perchè non mi godo ‘sto momento invece di pensare sempre a cosa farò o dove andrò, poi mi pare idiota!”
È arrivato il momento dei discorsi seri. Francesca guarda il mio pisello floscio. Forse è arrivato il momento di non pensare a lui. Lo sfioro per vedere se ha qualche scossone. Almeno mi scappasse di pisciare avrei una buona scusa e invece.
“Lo dici a me che odio il presente e mi sembra che le cose siano sempre già finite.” O almeno mi sembra che tutto non inizi mai. Anche perché il passato non me lo ricordo. Non mi ricordo neanche chi mi sono trombato e deve essere stato da paura, se si rifiuta di rifarlo adesso.
“Bisogna far finta – dico - di essere felici sapendo che prima o poi la felcità arriverà!” Dio mio, le cazzate che riesco a dire. Eppure i suoi piccoli seni sono un invito irresistibile. Seduta a cavalcioni mi guarda. “Non credo.” Vorrebbe solo cogliere l’attimo in cui il mio pisello reagirà. Guardo la sua passera poggiata sul quella specie di cadavere. “E dove sarà?” Mi chiede. “Forse sarà in uno degli estremi.” Forse nell’unico estremo che ha veramente un senso. La morte. Una porta al piano di sotto sbatte forte. Francesca mi guarda complice dei miei pensieri: “C'è una pistola nel cassetto e 5000 dollari, sai cosa devi fare?” Non è una domanda a cui si deve rispondere. M’infilo i pantaloni. Non sparerei mai a qualcuno con il pisello di fuori. “Ammazza, Massi, ammazza! Un colpo secco!”

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