10 nov 2006

Autunno

Dipende da come dipingi il mondo. Penso all’autunno. I miei occhi corrono velocemente sul rosso delle foglie. L’arancio della felpa. Il viola della copertina del libro che sto studiando. Le righe della coperta, sottili fili di ruggine. Le striature mogano del mobile. Piccole pennellate nei quadri. Lascio che lentamente tutto questo si depositi dentro di me. Un bambino mescola i colori e crea uno specchio d’acqua marrone. Venature colorate rivelano l’unione da cui viene quella sorgente autunnale.
Per un momento sulle pareti candide e sulla moquette bianchissima scola questo enorme calderone arroventato. Piccole gocce color sangue venoso lasciano la scia dietro il piccolo infante che si trascina dietro il pensate fardello. Lo guardo mentre sono seduto in terra con le gambe incrociate.
L’autunno raccoglie manciate della poltiglia e le lancia contro la finestra. Ed io sono ancora a guardare. Sono ancora chiuso dentro di me. Lascio che tutto accada senza ribellarmi. Senza un urlo. Senza un singhiozzo. Come un vecchio monaco buddista lascio che le cose semplicemente siano.
Il calderone fumante di marrone si rovescia. Il bimbo si ritrae in un angolo, come scappasse dall’onda del mare. Tutto diventa monotono. Anche io d’improvviso divento del colore delle foglie e del vento le scuote.
Gli occhi del bimbo saettano nella stanza. Come cercasse una via d’uscita. Un respiro profondo. Un balzo. Vola verso di me. Poggia un piede leggerissimo sulla mia testa. E vola via fuori dalla finestra. Vola verso un azzurrissimo cielo terso. D’improvviso i miei occhi saettano da un azzurro all’altro. Il dorso di un libro. L’etichetta di una vasetto. La confezione della terra. La suola delle scarpe. Un simbolo sulla maglietta.
Il bimbo vola dentro la stanza e dipinge tutto. Ora giallo. Ora rosso. Ora verde. Ancora azzurro. Con le sue manine traccia impronte sul muro. Mi alzo in piedi. Sono vestito di bianco come un catecumeno. Raccolgo da terra un grande pennello. Mi avvicino all’enorme conca. Il celeste mi illumina il viso. Ma non è lui il colore che cercavo. Un po’ di bianco. Una punta di grigio. Uno sguardo dolce e benevolo che si posa su di me. Ecco l’azzurro che cercavo. Intingo. Seguendo il non senso del bimbo, semplicemente, imbratto tutta la stanza. Lasciando che le forme restino tali e le gocce cadano in terra.

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