24 set 2005

Venerdì sera.

Sono maledettamente a casa!!!!! Alice, troia e chioccia, mi tiene a sé con i raggi freddi di un monitor piatto. TROIA E CHIOCCIA!!! Perché la tua fine è questa. È inutile che mi guardi così. La tua fine è internet. Una sigaretta rubata in balcone. Un bicchiere di Mirto o di limoncello. I capelli lunghi e spettinati. La musica bassa finché non torna tua sorella a casa. Inutile tutto.
Venerdì maledetto sera a casa. Quando io già mi pregustavo una notte di alcol e sigarette. Di sguardi a donne che non te la daranno mai. Quando da dentro ti esce quell’istinto primordiale di farti fisicamente grande per attrarre la femmina. La quale, giustamente, inclina in avanti il capo per nascondere in un colpo di tosse, un suono a metà tra una risata e un conato di vomito.
Giullare della tua stessa corte: ti vesti, ti radi, magari hai anche lavato la macchina. Ma questa è la serata di quelli che puzzano. Giullare della tua stessa corte: pantaloncini corti, magliettaccia, la doccia l’ho fatta ieri, io questa sera prendo i mezzi. Ops! Non ti hanno avvertito? Questa è la serata della camicia. Ah! Dimenticavo. (Un sussurro). Questa sera gli autobus non passano.
Giullare. Ecco quello che sei. Niente di più o niente di meno. Ti colori le vesti. Magari ti dipingi il viso. Te ne vai allo stadio fiero della tua maglietta nuova. Quella della Roma. Ci hai fatto mettere sopra il numero “40”. E una scritta: “Nonda”. Shabani Christophe. Nato BUJUMBURA nel 1997. Ti ricorda Weah. Speri che ti faccia sognare come Weah. Avresti comprato la Tribuna Monte Mario, ma il portafoglio era vuoto. Hai la tua bandiera senza asta. La tua sciarpetta. La tua maglietta. Hai il tuo posto segreto dove mettere la macchina. E hai ancora quell’aria esterrefatta quando vedi l’Olimpico e quando entri nell’Olimp(ic)o. Ma non l’hai saputo? Shabani Christophe Nonda? Il numero 40? Non gioca questa sera. Niente di grave un raffreddore. Gioca domenica prossima. Abbonato? No. Mi dispiace.
Non sto dicendo che la sfiga si accanisce. Non mi permetterei mai. Non lo sto dicendo. La sfiga non esiste. Esiste la Divina Provvidenza. Ma la sfiga, NO!!!!! Venerdì, sabato, domenica, lunedì, martedì, mercoledì e giovedì sono tutti uguali. C’è la coppa, il campionato. Magari il mondiale di ciclismo oppure il tour. Ma ogni giorno è uguale all’altro.
Però se hai una fidanzata le cose cambiano. Se sei innamorato magari ti viene voglia di farti sette ore di treno ad andare e sette a tornare per assicurati un futuro. Un futuro qualsiasi. E magari la pianti di dire che vuoi fare lo scrittore. Magari la pianti di fare il coglione.
Con una rompi palle al telefono non hai voglia dell’ottavo shot. Delle terza tequila sunrise. Della seconda birra. Non ti mangi del pollo alle mandorle in una vaschetta argentata, chi ha voglia di fare i piatti, in mutande davanti al computer. Con una rompi palle che ti gira mezza nuda per casa, scodinzolando il suo sederino mentre leggi la posta, il giornale, un libro, ti passa la voglia di essere quello: leggo tutto, basta che leggo.
Diciamolo chiaro. La rompi palle ha un sederino spettacolo. Due occhi chiarissimi. Una voce martellante e acuta che non ti fa dormire. Due piccoli seni che stanno in una coppa di champagne. Anche se preferisci lo spumante. Brut o dolce, o forse brachetto, basta che sia italiano. Un viso da carezze e un collo da mille baci. La rompi palle è stupenda scapigliata di prima mattina e ristrutturata quando scende da casa. Quando lascia che l’ombrello sgoccioli sul sedile di dietro della macchina o sulla tua giacca. Quando odia la barba. Quando adora il tuo faccino sconsolato. Quando inventa un nuovo nomignolo per prenderti in giro. La rompi palle è bella sempre.
Ah! Dimenticavo: non la chiamare mai rompi palle, lo fa per il tuo bene. A questo mondo si può essere vegetariani, ma non si può fumare. Si può uccidere un piccolo feto di tre mesi, ma non si può passare con il rosso alle tre di notte. Ti puoi drogare, puoi bere, puoi rantolarti per terra, ma non puoi essere molesto. Puoi fare del sesso con una donna, ma guai ad innamorartene. Puoi distruggere lentamente la tua esistenza, ma non puoi chiuderla là dov’è. Non puoi dire: “Capo questa è la mia fermata. Grazie. Scendo qua!”

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