25 ott 2006

“Freedom is not free.”





“Freedom is not free.” Parole che fremono dentro di me mentre cammino intorno a un piccolo lago chiamato Tidal Basin a un passo dal fiume Potomac. Gli alberi sono bassi e carichi di foglie rosse, gialle e marroni. Autunno che già sta esplodendo. Come dentro di me cerca di esplodere il significato di queste quattro parole. A me che avevano insegnato che la mia libertà è un dono dato da Dio, mi ritrovo davanti a uomini che sono morti per la libertà. Per la mia? Non certo per la loro, costretti ad essere rappresentati da statue di metalli imprecisati, scolpiti da imprecisi scalpellini.
Torno a casa. Metro. Un tossico preferirebbe scendere dentro la galleria. Sbatte i pugni sulla porta. “Hallo, hallo!” Urla. Nessuno si preoccupa più di tanto. Un uomo sposta la sua bicicletta. Due donne dietro di me parlano male degli italiani. Una nera di origini imprecisate e una tedesca. Io faccio finta di niente.
Scappo via velocemente dalla stazione. Sfondo di film americano con sparatoria e una macchina che vola giù dalle scale. Scale mobili. Lunghissime. Decido di camminarle. Una roscia è parallela a me, anche lei cammina. Alla mia stessa altezza. Alla mia stessa velocità. Mi fermo per frugarmi le tasche alla ricerca dell’orario degli autobus. Anche lei si ferma. La guardo e rido. Fa finta di niente. Riprendo la mia salita e così lei. La lascio passare avanti a me. Prendo un’altra strada, senza però non dedicare un attimo all’analisi di un sedere americano.
“No freeman shall be taken, imprisoned,...or in any other way destroyed...except by the lawful judgment of his peers, or by the law of the land. To no one will we sell, to none will we deny or delay, right or justice.”
La terra della giustizia. Degli enormi edifici finti. Degli edifici cavi. Dentro la maestosità del Jefferson ci sono i bagni e un gift shop. Jefferson è nero. Cioè lui è bianco, ma la sua statua è nera. Jefferson è morto. Oddio. Un attimo di panico. Vado a pisciare sotto, nella lobby del Memorial. Ogni memorial ha una lobby? Vado a pisciare. E mentre piscio penso. Questi sono tutti morti. I soldati, i presidenti. Da qualche parte c’era anche una iscrizione sulle donne. Morte pure loro. Questo è un enorme cimitero per la memoria. Questi sono monumenti morti. Ma morti per quale motivo?
“No person shall...be deprived of life, liberty, or property, without due process of law.”
Guardo fisso una ragazza che mi viene dall’altra parte lungo la sponda di questo lago finto americano. Per qualche secondo dimentico che in queste terre non sono abituati ai romani guardoni. Ai romani che non lasciano passare neanche una donna. I Romani che hanno conquistato tutto il mondo conosciuto. Vorrei gridarlo per un momento. Ma sto guardando una ragazza. Ha una guida in mano. È una turista. Un barbaro. Chissà come ci si sente a diventare da conquistati a conquistatori. Ripenso alle due donne che insultavano l’Italia nella metro. Loro, che non appartengono né al vecchio né al nuovo continente, hanno capito una cosa che io ancora fatico a capire.
“We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.”

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