28 feb 2006

L'Aiuola - Gianluca Grignani

Ti rasero’ l’aiuola quando ritorni da scuola ok, ti voglio bene ma molla le tue amiche sceme e amore e’ come anarchia e dillo alla polizia va be sara’ un difetto ma per favore andiamo a letto perche’a volte la felicita’ ti sfiora appena e poi se ne va ti dice scusa, ciao, passavo di qua come una donna che non ci sta eppure a me non mi va, non va, sai di starmene qua qua sospeso a meta’ no non mi vai bene e goder non conviene e mi tieni in catene no non mi va se cade un pelo crolla il cielo non mi va, non mi va la notte poi vado in giro come se fossi un vampiro che sono in cerca d’amore per colpa io del tuo onore e le signore piu’ belle mi danno le caramelle e tu che mi dici aspetta che vado troppo di fretta perche’a volte la felicita’ ti sfiora appena e poi se ne va ti dice scusa ciao passavo di qua come una donna che non ci sta’ eppure a me non mi va non va sai di starmene qua qua sospeso a meta’ no non mi vai bene e goder non conviene e mi tieni in catene no, non mi va e se cade un pelo crolla il cielo non mi va, non mi va eppure a me non mi va non va, sai di starmene qua qua sospeso a meta’ non mi vai bene e goder non conviene e mi tieni in catene no non mi va che se cade un pelo crolla il cielo non mi va no

27 feb 2006

io ti guarderò illuminata con il neon delle vetrine poi ti nutrirò di coca- cola e di popcorn dentro ad un cine ti racconterò le mie bugie sul mondo e quelle sulla gente poi ti bacerò con tutto quanto in fiamme con le luci spente e faremo l'amore sulle foglie e sui prati sul denaro e nel fuoco dentro ai posti proibiti fino al cuore del mondo come due innamorati come due innamorati senza niente da fare che non hanno nient'altro che "una storia d'amore" io ti curerò perchè tu c'hai bisogno di ridere di gusto e ti ringrazierò quando usciremo presto da un locale "giusto" guarderò da giù il grattacielo dei tuoi tacchi mozzafiato e ti domanderai se anche stavolta sono io quello sbagliato e faremo l'amore dentro ad un temporale tra le luci del centro tra le statue di sale con il cuore impazzito come due innamorati come due innamorati senza niente da fare che non hanno nient'altro che "una storia d'amore" una storia d'amore una storia d'amore una storia d'amore una storia d'amore una storia d'amore una storia d'amore

Mi prendi un po’ di anima e te ne vai.
Mentre io continuo a guardati le spalle.

Padova è immersa nel grigio totale. Palazzi. Persone. Tutto grigio.
Io fatico ad avere un pensiero qualsiasi. Allora dolce soluzione.
Mi lascio trasportare.
Dormo un po’ qua e un po’ là
Mangio un po’ qua e un po’ là.
Orecchiette alla cime di rapa. Radicchio trevigiano. Pasta al sugo.
Il mio povero intestino ne risente malamente, urlando le sue proteste.
Rispondo alle sei del mattino a un sms maldiviano.
Difficile sintetizzare tutto.
Chiacchiere notturne.
Una mia ennesima preghiera che sale a Dio.
Silenzi.
Pranzi.
Cene.
Ed arriva ancora la notte.

Lascio un po’ d’anima e me ne vado.
Mentre io continuo a pensarti di spalle.

Rosa Maria con il pancione.
Lorenzo.
Palma e Carla.
Betta mi racconta.
Maria mi chiede.
“Sono le due di notte. Ho mal di pancia, vado a cagare”.
Messa. Prete.
Gesù è lo sposo.
“Scrivi di me!”
Ma come faccio?
L’omino FS da dietro un vetro: “Roma? 15:04. Niente. 17:04. Niente.”
Due ragazzi mi vendono un biglietto del treno.
E torno a Roma.
Alla fine solo la Provvidenza mi riporta a casa.

22 feb 2006

O, almeno, mi fidavo...

21 feb 2006

Case di pane, riunioni di rane
vecchie che ballano nelle chadillac
muscoli d'oro, corone d'alloro
canzoni d'amore per bimbi col frack
musica seria, luce che varia
pioggia che cade, vita che scorre
cani randagi, cammelli e re magi

RIT:
forse fa male eppure mi va
di stare collegato
di vivere di un fiato
di stendermi sopra al burrone
di guardare giù
la vertigine non è
paura di cadere
ma voglia di volare

mi fido di te {x4}
io mi fido di te
ehi mi fido di te
cosa sei disposto a perdere

Lampi di luce, al collo una croce
la dea dell'amore si muove nei jeans
culi e catene, assassini per bene
la radio si accende su un pezzo funky
teste fasciate, ferite curate
l'affitto del sole si paga in anticipo prego
arcobaleno, più per meno meno

RIT

mi fido di te {x3}
cosa sei disposto a perdere
mi fido di te {x2}
io mi fido di te
cosa sei disposto a perdere

rabbia stupore la parte l'attore
dottore che sintomi ha la felicità
evoluzione il cielo in prigione
questa non è un'esercitazione
forza e coraggio
la sete il miraggio
la luna nell'altra metà
lupi in agguato il peggio è passato

RIT

mi fido di te {x3}
cosa sei disposto a perdere
eh mi fido di te
mi fido di te {x3}
cosa sei disposto a perdere

6 feb 2006

Appunti di viaggio.

Neve. Finalmente neve. Silenzio dentro lo scompartimento del treno. Ancora una volta in viaggio. Ancora una volta in fuga. Mi siedo nel mio posto senza pensare e fare niente. "Ma Gloria non vuole mai fare niente!!!!!!!!!!"
I pensieri volano veloci rimbalzando come una pallina da tennis. Roma. Trieste. Padova giù fino in Calabria e poi di nuovo su a Milano. Per ogni posto una persona, per poi essere ancora solo in un viaggio lunghissimo in fuga. "Ma Gloria viene a cena?"
Fuggire sempre dalle stesse banalissime cose, persone, eventi, luoghi. Così banali che ormai mi sembra quasi stupido continuare ad indugiarci. "Ma allora vuole venire o no a cena?"
Gloria è bionda, alta. Non so dirvi di dove, ma non credo che sia del sud. Nord. Nord-est. Boh!!! Lascia che tutto le scivoli lentamente sulla pelle. Pelle che copre stratificando incomprensibili firme. Psicologa in erba e con un anello al dito che parla solo di una promessa e non di una realtà.
Gloria ha preso il posto di una signora anziana. Capello bianco ed appena scappata da un uomo che voleva farla sua per l'ennesima volta. La signora anziana ha preso il posto di un operaio rumeno. Zigomi spigolosi. Guance incavate. Mani rovinate e corporatura da ciclista pre-guerra mondiale.
Prendere il posto. C'è sempre qualcosa che prende il posto di qualcos'altro. Un pensiero. Un chiodo. Una donna. Un treno. Un silenzio. E poi io m'innamoro ancora del ticchettio delle mie mani che corrono veloci sulla tastiera. M'innamoro di quella sensazione che mi scivola dentro quando mi viene un'idea. Mi innamoro del mio scrivere che è solo nel silenzio di un'altra fuga.
Roma. Orvieto. Firenze. Prato. Ora. 18:45. Poi Bologna. Padova. Trieste.


Un viso orientale riflesso nel finestrino. Sono appena sveglio. Non so, forse a Rovigo o a Ferrara, è salita una ragazza asiatica. Molto più giovane di me. Molto più carina di me. Già dorme. Non ho avuto neanche il tempo di accorgermi che è salita che già dorme nascosta in un giaccone troppo grande per lei, con delle cuffie altrettanto enormi nelle orecchie.
Io sono perso nei miei pensieri onirici che seguono il solco segnato dalla musica che martella i miei timpani. Vecchia abitudine di tenere sempre il volume al massimo delle sue possibilità. Pensieri che mi portano dalla città che sto lasciando verso Roma.
"Sei fiero di me?" " Certo che sono fiero di te!" Parole che ho ripetuto anche troppo spesso. Ma poi chi ha voglia di essere fiero di qualcun'altro?
Soprattutto quando stai tornando a casa dall'ennesima fuga?
Fuga parola di cui troppo spesso abuso il significato.
"Vieni da me e fammi sentire che sono solo mie piccole paure."
Fuga. Perché poi il senso è quello di prendere tutto e andar via lontano, per il principio che i pensieri fanno fatica a venirti dietro poiché non sono abili camminatori, almeno molto meno di quanto siano scavatori di cervelli umani.
Il sole si riflette sul viso della ragazza che dorme davanti a me, lasciandomi nel buio dell'ombra. Facendomi venire voglia di scattare una fotografia, di dipingere un quadro, di innamorarmi ancora una volta. Lasciare che il mio stomaco devastato dagli acidi abbia un attimo di tregua. Lasciare che il vuoto prenda senso. Stare per un'ora a guardare una sconosciuta e far finta che sia la mia fidanzata. Immaginarci insieme al cinema mano nella mano e la sua testa poggiata sul finestrino, poggiata, invece, sulla mia spalla.
Lasciare che la fantasia prosegua il suo percorso senza ostacolarla, lasciandola andare fino a casa. Fino ad un letto ancora sfatto dalla mia partenza, un bicchiere di vino fresco. Fino al suo viso adorante mentre entro nella stanza. Nuda sul letto. la guardo con la testa di tre quarti dopo tutto nel mio sogno ad occhi aperti la amo come fosse da sempre la mia fidanzata.
Poi pensieri scappano via di nuovo. Il letto sfatto. Casa. Il bisogno di silenzio e solitudine, dopo le serate passate in piazza a bere sprizt. Dopo aver cambiato un letto al giorno, dopo aver mangiato piatti tipici e piatti mondialmente riconosciuti.
Tornare è tirare le fila: Dei libri che ho portato non ho letto una pagina. Parole scritte, poche. Marta mi manca ancora un casino. Soldi nel cellulare finiti. Visi, posti e appunti mnemonici troppi, come al solito. Momenti da solo a lasciar scorrere il tempo, almeno sette di cui due memorabili.
Adesso dovrei spingermi indietro al momento in cui Marta mi lascia, ai giorni nel nord Italia che mi hanno portato a scrivere ora su questo treno. Dovrei parlarvi di tutto questo.
Invece per prima cosa una domanda: perché le donne hanno il viso triste e disperato? Non sto dicendo che tutte le donne lo hanno. Sarei un pazzo. Ma molte sì. Troppe. Cercano in tutti i modi, con i loro vestiti goffi, di nascondere la loro bellezza e guardano fuori dal finestrino co la tristezza di racconti e poesie di altri tempi.
Marta, come spero sia chiaro dalle mie parole precedenti, è scappata via. Ha preso le sue cose intellettuali e sentimentali e se ne andata. Eppure mentre cercava la sua libertà e "felicità" aveva il volto colmo della tristezza delle donne. Quella che tenta di nascondere il fatto che ti stanno calpestando le aiuole per l'ennesima volta, ma questa volta non con la meticolosa attenzione del tempo, distruggendo solo i fiori che ti stanno più a cuore. Questa volta con la furia con cui romani radono al suolo Cartagine e spargono sale per impedire anche al più innocuo filo d'erba di crescere e farsi di nuovo spazio.

Guardare la vita e sentirsi in difetto. Arrivare a Firenze S.M.N. Firenze "Se Mo' Nevica."