Il mio word vorrebbe smettere di funzionare, ma non ci riesce. C’è bisogno di follie da blog. Di scrivere frasi senza senso. Mille parole. Per sentirsi dire ancora una volta: “Come scrivi bene mio caro!” Mio caro un gran cazzo. Se permettete. Perché alla fine ho voglia di gridare lurida troia. Alla madre terra.
“Ho teso corde da campanile a campanile; ghirlande da finestra a finestra; catene d'oro da stella a stella - e danzo.” Rimbaud.
Vorrei che tutti voi la piantasse di dire e fare qualsiasi cosa. Mi spiego meglio. A meno che non siate chiusi nella vostra stanza ad uccidervi di peti, qualsiasi cosa facciate è solo cattiveria…
Non mi verrebbe male fare il poeta maledetto. Ubriaco. Lungo l’argine del Tevere. Leggere parole di scrittori eterni. Fermarsi davanti ad uno di questi autori e dirgli: “Ma tu chi sei?” Lui cerca di spiegarsi. Giustificarsi. Ma io già sono da quello dopo. E leggo forte parole che rimbombano. Sono ubriaco e leggo a voce altissima quelle parole.
“Cadiamo in acqua!”
“Salta, ti tengo io.”
Ho pisciato nel Tevere. Il che non è una cosa grandiosa. Da una piattaforma che ci galleggiava sopra. Sotto Castel Sant’Angelo. Guardando i fari delle macchine sul ponte. Quando pisci da ubriaco nel tuo cervello si cancella tutto. Sei troppo impegnato a tenerti equilibrio e a non cascare. Ecco perché quando sono a casa piscio con la testa contro il muro. Ma non sempre. Solo quando ho alzato il gomito.
“Ho teso corde da campanile a campanile; ghirlande da finestra a finestra; catene d'oro da stella a stella - e danzo.” Rimbaud.
Vorrei danzarvi sulle palle. Anche se sono solito danzarmi sull’anima e sul cervello, a voi vorrei danzarvi sulle palle. E non voglio essere perdonato. Ma voglio essere odiato. Bestemmiato. Vi prego!
Blog. Parole libere. Parole che se ne vanno via spinte dal vento. Parole che se ne vanno e basta.
Volevo essere un poeta come Rimbaud. Volevo essere un battello ebbro che scivola su un fiume. Il grande Arturo ha preso la sua baracca e si è messo fare il trafficante di armi. Mare. Il mare torna sempre. Battello. Non a caso. Corde, ghirlande e catene d’oro. Si tendono a festa. Ma mi legano. Campanili. Finestre. Stelle. La mia città. La mia casa. Il mio Dio. E sono ancora legato a me stesso.
“Ho teso corde da campanile a campanile; ghirlande da finestra a finestra; catene d'oro da stella a stella - e danzo.” Rimbaud.
Vorrei che tutti voi la piantasse di dire e fare qualsiasi cosa. Mi spiego meglio. A meno che non siate chiusi nella vostra stanza ad uccidervi di peti, qualsiasi cosa facciate è solo cattiveria…
Non mi verrebbe male fare il poeta maledetto. Ubriaco. Lungo l’argine del Tevere. Leggere parole di scrittori eterni. Fermarsi davanti ad uno di questi autori e dirgli: “Ma tu chi sei?” Lui cerca di spiegarsi. Giustificarsi. Ma io già sono da quello dopo. E leggo forte parole che rimbombano. Sono ubriaco e leggo a voce altissima quelle parole.
“Cadiamo in acqua!”
“Salta, ti tengo io.”
Ho pisciato nel Tevere. Il che non è una cosa grandiosa. Da una piattaforma che ci galleggiava sopra. Sotto Castel Sant’Angelo. Guardando i fari delle macchine sul ponte. Quando pisci da ubriaco nel tuo cervello si cancella tutto. Sei troppo impegnato a tenerti equilibrio e a non cascare. Ecco perché quando sono a casa piscio con la testa contro il muro. Ma non sempre. Solo quando ho alzato il gomito.
“Ho teso corde da campanile a campanile; ghirlande da finestra a finestra; catene d'oro da stella a stella - e danzo.” Rimbaud.
Vorrei danzarvi sulle palle. Anche se sono solito danzarmi sull’anima e sul cervello, a voi vorrei danzarvi sulle palle. E non voglio essere perdonato. Ma voglio essere odiato. Bestemmiato. Vi prego!
Blog. Parole libere. Parole che se ne vanno via spinte dal vento. Parole che se ne vanno e basta.
Volevo essere un poeta come Rimbaud. Volevo essere un battello ebbro che scivola su un fiume. Il grande Arturo ha preso la sua baracca e si è messo fare il trafficante di armi. Mare. Il mare torna sempre. Battello. Non a caso. Corde, ghirlande e catene d’oro. Si tendono a festa. Ma mi legano. Campanili. Finestre. Stelle. La mia città. La mia casa. Il mio Dio. E sono ancora legato a me stesso.
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