14 nov 2007

Lettera aperta

Mi sembra eccessivo da parte della “società giapponese” di rispondermi con un email striminzita: “con riferimento al nostro incontro del 12/11/2007, siamo spiacenti di comunicarLe che la nostra scelta è caduta su un altro candidato”.
Adesso io lo so che purtroppo l'intelligenza non è per tutti. Soprattutto per chi da il nome ad una società senza preoccuparsi che abbia un senso. Non riporto il nome per non farne pubblicità.
Adesso vi spiego la situazione.
Tre contro uno. Adesso. Neanche il più bastardo sceglie di fare un colloquio in questo modo. La mia sedia almeno venti centimetri più bassa della loro. Mi sembra di essere seduto sulle seggiole delle scuole elementari. Due da una parte e uno dall'altra. Alla mia destra un fantomatico responsabile che fa la parte del poliziotto buono, ma neanche mi dice chi è, che vuole, qual'è il suo ruolo. Dei dei miei cojoni sono là pronti a sentenziare. Alla mia sinistra una signora, ma anche lei tralascia di dirmi chi è. Forse una psicologa o una sociologa. Insomma un selezionatore. Sempre alla mia sinistra, Fabbris. Io glielo volevo dire che pareva suo zio, ma ho temuto si offendesse.
Il colloquio una farsa. Il poliziotto buono ride e scherza. Fabbris, che avrebbe dovuto fare il poliziotto cattiva, cerca di fare qualche domanda intelligente, ma la selezionatrice lo sovrasta ammutolendolo con domande dello stesso calibro. Io spiego e parlo. Ma loro si perdono sempre in inciampi inutili. Li seguo, gli sto dietro. Ci facciamo grasse risate e poi?
“Gentile sig. P.
con riferimento al nostro incontro del 12/11/2007, siamo spiacenti di comunicarLe che la nostra scelta è caduta su un altro candidato”.
Gentile signore? Io la laurea l'ho presa, tu? Le? Ma non eravamo tutti amici? Candidato? Ma non ero l'unico uomo?
Cari giapponesi io lo che voi vi fidare di quest'uomo, ma non è ora di rivedere le vostre posizioni?